La fama degli insaponificabili in campo dermatologico risale agli studi di Thiers tra gli anni 60 e gli anni 80. Oggi se vogliamo essere sicuri che la nostra crema cosmetica ne contenga davvero basterà cercare la dicitura “Olea Europaea Oil Unsaponifiables” nell’elenco degli ingredienti.

L’olio d’oliva, alimento prodigioso per la nostra salute, è fonte di benessere anche per la pelle, come spesso abbiamo rimarcato in queste pagine virtuali.
Tutto merito della sua composizione chimica, stabilita dalla natura, che assegna al trigliceride oleico un ruolo di primo piano, utile nel nutrimento e nella protezione della pelle. Ne abbiamo già parlato qui: Il segreto del matrimonio tra olio d’oliva e pelle? Tutta questione di “chimica”

Ma l’amico Trigliceride Oleico non è l’unico attore dello “spettacolo” che l’olio d’oliva mette in scena sulla nostra pelle.
Ecco comparire gli insaponificabili.

Insaponifi… che? Cosa c’entra il sapone in tutto questo, se parliamo di olio d’oliva sulla pelle?
Niente, apparentemente.
Cerco allora di spiegarmi il più semplicemente possibile.

Visto che quasi tutti gli olii vegetali si possono saponificare = trasformare in sapone (mediante un trattamento con una base forte), i chimici hanno distinto, all’interno dell’olio, la parte che effettivamente si trasforma in sapone e quella che invece… rimane com’è: ecco perché è chiamata frazione insaponificabile, cioè che “non si può saponificare”.

In pratica si tratta di distinguere tra la squadra formata dal Trigliceride oleico e gli altri esteri (i “saponificabili”) e… Resto del mondo (gli “insaponificabili”).

L’ho chiamato resto del mondo perché le sostanze insaponificabili sono molte e variegate all’interno dell’olio d’oliva, anche se la loro percentuale non è altissima: nel complesso rappresenta il 1-2% sul totale dell’olio extravergine d’oliva.

Insomma, tutto questo ambaradàn di termini per… una quantità così bassa, direte voi?
Eh si, perché in quella piccola quota c’è un vero concentrato di sostanze beneficamente attive per la pelle.

La fama degli insaponificabili in campo dermatologico risale agli studi di Thiers tra gli anni 60 e gli anni 80 del secolo scorso, il quale riuscì a trattare con ottimi risultati i pazienti affetti da sclerodermia ed elastosi, malattie legate ad alterazioni delle proteine costituenti del derma: collagene ed elastina.
Gli studi del medico francese, che utilizzò miscele di insaponificabili, dimostrarono come questi agissero nel loro complesso promuovendo l’attività enzimatica delle cellule produttrici di collagene ed elastina, cellule chiamate fibroblasti.
I fibroblasti potrebbero essere definiti come le cellule della bellezza.
In pratica gli insaponificabili stimolano i fibroblasti alla produzione di collagene solubile, quello tipico della pelle giovane, rispetto al collagene insolubile che caratterizza le pelli mature.

Da allora la dermatologia ha iniziato a utilizzarli per trattare dermatiti allergiche e atopiche, eczemi e gengiviti, con ottimi risultati nei test dermatologici sull’uomo.
Anche la cosmesi, quella di alto profilo scientifico, ha iniziato ad utilizzare gli insaponificabili nel trattamento delle pelli mature, secche e sensibili grazie alla loro azione antirughe, rivitalizzante, biostimolante, antiossidante e riparatrice della pelle.

Colgo quindi l’occasione per sottolineare l’importanza di utilizzare creme capaci di stimolare la produzione di collagene endogeno nativo, cioè prodotto dalla nostra pelle, piuttosto che introdurlo dall’esterno attraverso le creme a base di collagene animale.
Se infatti applichiamo sulla pelle un collagene “esogeno”, questo in genere si è già formato (nell’animale) e ha un peso molecolare troppo elevato per oltrepassare la barriera cutanea, dunque avrà solo una funzione idratante esterna. Meglio stimolare il nostro stesso collagene, che sarà perfettamente biodisponibile e si organizzerà nel tessuto, concorrendo a mantenerlo idratato dall’interno, rinnovato, più elastico e resistente, cioè più sano.

In cosmesi, oltre che contro le rughe, secchezza ed eccessiva sensibilità cutanea, un’altra applicazione degli insaponificabili si ha nelle creme solari, poiché essi hanno anche un’azione fotoprotettiva, e nei doposole, grazie alla loro capacità di riparare i danni provocati dai radicali liberi indotti dalla radiazione UV.
Sono inoltre utilizzati nelle creme contro le smagliature, inestetismi provocati anch’essi da un’alterazione delle fibre collagene ed elastina.

E se vogliamo essere sicuri che la nostra crema cosmetica contenga davvero insaponificabili di olivo basterà cercare la dicitura “Olea Europaea Oil Unsaponifiables” nell’elenco degli ingredienti della crema - sperando che sia tra i primi posti della lista! (cioè in quantità maggiore).

A questo punto sorge una domanda: può essere sufficiente spalmarsi del semplice olio d’oliva per avere la giusta quota di insaponificabili che faccia bene alla pelle?
La risposta è sì, ma solo se è extravergine.
In altri derivati dell’olio d’oliva, infatti, gli antiossidanti possono degradarsi o essere assenti.
Nell’extravergine fresco, invece - quello ottenuto nell’annata in corso da olive raccolte e subito lavorate - gli insaponificabili conservano la loro attività.

Cosa sono esattamente gli insaponificabili?
Chimicamente si tratta di idrocarburi insaturi, come il prezioso squalene, che rappresenta la quota maggiore, seguito da alcoli triterpenici e alifatici, polifenoli, steroli, tocoferoli e carotenoidi.
Per chi non mastica la chimica, si tratta di un vero concentrato di vitamine e antiossidanti di vario genere, che agiscono con meccanismi diversi, in sinergia tra loro.

Ancora una volta, l’oro liquido ci dona uno scrigno di gioielli per il benessere della pelle.

di Diana Malcangi

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