“Ora mi giro...e osservo...vedo la corteccia grigia di un tronco contorto di ulivo,
tormentato, scavato dal tempo; mostra qua e là il legno giallo-bruno, dall'intenso
profumo oleoso, piccole foglie verde argentato, lucide, ondeggiano placide al vento,
mostrando le olive ancora verdi...mi avvicino, per toccare la corteccia...emana un
dolce tepore...mi calma...i dolori sembrano svaporare, svanire davanti a questo
tronco antico...”.
Il quadro immaginifico è piuttosto originale; il noto psicologo e psicoterapeuta
Raffaele Morelli ci guida e suggerisce, come accade ai pazienti nel corso di alcune
sedute, di costruire in questi termini uno speciale rapporto con l’albero dell’ulivo.
Una fantasia? No, una terapia. Meglio, una fantasia, e quindi, anche, una terapia. La
fantasia può essere parte dei processi creativi e curativi dell’intelligenza.
Lasciandoci cullare in questo dolce incanto, potremmo immaginare, ulteriormente, di
trovarci davanti ad un albero tanto antico da affondare le proprie radici nell’humus di
un terreno dell’età arcaica, così vecchio che le sue foglie potrebbero essere state
accarezzate da brezze mediterranee almeno 500 anni prima della nascita di Cristo.
E’ ben nota l’utilità primaria dell’albero dell’ulivo e del prodotto principale che dal
frutto dell’oliva si ricava, l’olio, soprattutto nel lontano passato, e da allora
ininterrottamente fino ad oggi; insostituibile nelle applicazioni più disparate, da
sempre è componente e base fondamentale dell’alimentazione, nella creazione dei
profumi, di unguenti protettivi, materia prima della massima importanza per
l’illuminazione notturna, merce preziosissima, conservata e trasportata in grandi
anfore, presente sulle mense almeno sin dall’alto arcaismo, spesso servita insieme al
vino nei banchetti dell’aristocrazia terriera e guerriera in recipienti finemente
decorati, non di rado anche con rappresentazioni delle attività agricole o
specificamente dedicate al tema della raccolta e della lavorazione.
Secondo un celebre mito greco, Giove incaricò Cecrope, re di Atene in età
antichissima, di porsi come arbitro della competizione finalizzata all’assegnazione
del primato in terra attica, divino certame che si stabilì tra Poseidone, dio del mare, e
Atena, dea della saggezza, della tessitura e dell’artigianato. Secondo il racconto,
vincitore della contesa sarebbe risultata la divinità in grado di donare agli abitanti
dell’Attica l’omaggio in assoluto più idoneo alla loro terra e a soddisfare i fabbisogni
del popolo. Poseidone offrì come regalo un cavallo mentre Atena dedicò la pianta
dell’ulivo. I cittadini, essi stessi in qualità di giudici, accordarono la loro preferenza
alla donazione elargita dalla dea, poiché la pianta, nata dalla roccia colpita dalla sua
lancia, sarebbe stata nutrimento per il popolo, medicina per i malati e fonte di luce
per l’illuminazione.
Ad Atena, proclamata vincitrice, fu affidata la protezione dell’Attica, la città di Atene
presa la sua denominazione proprio per omaggiare la dea e l’ulivo fu da allora
strettamente associato all’Acropoli, evidenziando così, anche in memoria della
creazione straordinaria narrata dal mito, l’elemento di congiunzione tra la dimensione
terrena e quella divina. Il tempio dedicato proprio ad Atena Parthènos sull’Acropoli,
il Partenone, il più celebre monumento dell’età periclea e di tutta l’età classica,
sancisce definitivamente il legame indissolubile tra la figlia di Zeus e la città; la
splendida e colossale statua polimaterica dedicata alla dea, che la fabbrica dello
scultore Fidia realizzò per la cella del tempio, purtroppo perduta, ma descritta dagli
autori, tra cui Pausania, aveva in una sua parte la rappresentazione della Nìke, della
vittoria, e in un’altra quella della nascita di Pandora, la divinità che nel mito
rappresenta la prima figura del genere femminile e che a noi consente un rimando
anche ai temi della fertilità e della rinascita.
Come potrebbero insegnarci le collaboratrici di Pandolea, il mito contiene un
importante riferimento al concetto della donna–madre, cui si associa il richiamo al
potere generativo e palingenetico della Speranza per l’umanità, “spes ultima dea”.
Nel mito della contesa invece, evidentemente, nel progetto di Poseidone, l’Attica
avrebbe dovuto primeggiare quale grande potenza basata sui commerci e su guerre
estese a territori limitrofi e lontani, il dono del cavallo avrebbe perciò rappresentato il
mezzo che meglio avrebbe aiutato gli uomini negli itinerari e nelle battaglie. Atena,
invece, nata per partenogènesi direttamente dalla testa di Zeus, cioè dalla sede divina
per eccellenza delle facoltà celebrali e del supremo nòos, dell’intelletto, quindi della
riflessione, della conoscenza, della misura, dell’equilibrio e dell’armonia, progettò di
assurgere a sostenitrice e benefattrice di un popolo e della sua terra attraverso gli
strumenti dialettici della ragione, dell’intelligenza, della meditazione,
dell’insegnamento, della creatività, della filosofia e della cultura.
Oltre il racconto, si intende, c’è molto altro, un universo aperto e fitto di rimandi.
In un passo dell’Iliade, Omero rileva significativamente il peso della trasgressione
commessa ai danni dell’intelligenza di Zeus, del nòos, atto massimo di empietà e di
tracotanza umana; ora, è chiaro, il rispetto per quanto nasce e si sviluppa dalla mente
suprema del re degli dei si estende per traslato a quanto sarà affidato alla benedizione
ed alla protezione di Atena.
In quest’ottica, la legislazione di Solone, che mirerà per la prima volta a proteggere
l’albero dell’ulivo con un provvedimento specifico, si connota evidentemente sia
sotto il profilo religioso che sotto quello economico, civile e politico.
Il dono dell’albero dell’ulivo e dei suoi frutti ci viene restituito dalla narrazione
mitologica unitamente ad elementi concreti di quella civiltà e della comunità politica
nascente; una pianta sempreverde, estremamente longeva, resistente alla siccità e agli
agenti atmosferici, come ai venti salmastri, una pianta -sottolinea inoltre il racconto-,
che “produceva altri doni”, per cui Atena insegnò agli esseri umani la tecnica
dell’estrazione e della spremitura, affinchè potessero ottenerne l’olio, vero e proprio
“oro liquido”, versatile ed insostituibile frutto della terra e del lavoro dell’uomo.
Racconta un altro mito che alle pendici della collina consacrata a Crono vi fosse un
bosco di ulivi spontanei e selvatici, retaggio dell’Età dell’Oro, quella in cui
regnavano la pace e l’abbondanza; emerge chiaramente, in questo contesto, come la
pianta dell’ulivo indicasse metaforicamente la necessità universale di assecondare i
cicli regolari della natura, poiché solo nel rispetto delle supreme leggi del Tempo e
nell’assenza di conflitti bellici sarebbe stato possibile alimentare lo sviluppo del
genere umano.
Come sappiamo, sin dagli inizi del cristianesimo, e segnatamente a partire dal
secondo secolo dopo Cristo, l’ulivo sarà spesso associato ai temi della speranza e
della pace, mentre emergerà nettamente il nuovo riferimento alla fratellanza.
Con l’olio d’oliva le prime comunità cristiane inizieranno a celebrare i riti più
importanti; in particolare, l’atto liturgico dell’unzione assumerà, tra gli altri, i
significati dell’elezione sacra, del passaggio e della purificazione.
Cristo, dal greco khristòs, significa “unto”, l’unto eletto del Signore Dio.
La benedizione dei ramoscelli di ulivo, in richiamo alle palme, da sempre simbolo di
vittoria, in occasione della Domenica chiamata “delle Palme”, che commemora
l’ingresso di Gesù a Gerusalemme, si carica infatti dei significati simbolici relativi ai
temi del passaggio, del nuovo trionfo della santità e della pace.
Nella storia del cristianesimo e nella cultura cristiana, così intimamente legate ai temi
dell’alimentazione e della sacra condivisione, in cui si esaltano e si esprimono i valori
del ringraziamento e dell’eucaristìa, l’olio d’oliva, insieme al vino ed al pane,
rappresenterà il frutto del lavoro dell’uomo, della rigorosa disciplina, della sobrietà,
della frugalità, spesso diventando un rimando diretto all’essenza divina.
Il paesaggio della cristianità, il suo contesto geo-politico, già bacino della civiltà
greco-romana, il mediterraneo dell’evo antico e tardo antico, è stato fortemente
caratterizzato dalla presenza dell’albero dell’ulivo e anche da diversi episodi del
Vangelo emerge suggestivamente come l’uliveto appaia spesso come ambiente
privilegiato e familiare della narrazione.
La funzione salvifica e protettrice dell’olio si conserverà fino ai nostri tempi, con
alterne vicende e non sempre per il tramite della liturgia cristiana, anche in altri rituali
propiziatori di ambito popolare, soprattutto nel medioevo, quando emergerà
spiccatamente la dimensione apotropaica, specie in occasione delle frequenti
pestilenze e di terribili epidemie; anche Dante Alighieri, fra gli altri, farà riferimento
al “malocchio” nella Divina Commedia e alla pratica diffusa di veri e propri
esorcismi, eseguiti con l’uso dell’olio d’oliva, atti ad inibire ogni forma di negatività.
L’eredità della storia greca, del mito e dell’epica eroica, così come quella dell’età
post antica e medievale, non può non aver inciso profondamente, quasi
stratificandosi, sui misteriosi, complessi e affascinanti meccanismi del delicato
funzionamento della nostra psìche, che è anche, necessariamente, figlia di quella
millenaria cultura; nella psicologia contemporanea, pur in una visione parziale, il
sostrato mitico può essere filtrato attraverso differenti categorie interpretative, ma è
soprattutto con l’aiuto e con “l’uso delle immagini” – secondo l’espressione indicata
proprio da Raffaele Morelli – cioè per mezzo di un’attività “fantastica” e creativa,
“mitopoietica”, che l’essere umano potrà essere in grado di continuare il suo percorso
di coerente ricerca di un’identità sommersa, rifiorendo, come una pianta sempreverde
e dalle radici antichissime, in un processo di rinnovamento continuo, teso sulle trame
di un filo sottile, ma tenace e resistente, attraverso cui ricongiungersi
progressivamente con le origini, con le “radicalità” della propria umanità più
profonda. “Ciascuno di noi è il frutto visibile di un principio creativo, una fonte
inesauribile”; come sotto la tutela di Atena, scaturita dalla potenza e dall’intelligenza
costruttiva e prolifica di Zeus, lo “sguardo immaginativo” può fecondarci
terapeuticamente, e anche solo attraverso l’idea o il diretto contatto con l’albero
dell’ulivo, con la sua forza, la sua antichità, la sua storia, ma anche specificamente
con i suoi rinomati benefici influssi energizzanti, febbrifughi, depurativi, dietetici,
antinfiammatori, ognuno di noi può ricordare come attivare quei principi creativi e
rigeneratori che costituiscono da sempre i capisaldi dello sviluppo dell’anima e del
nostra psicologia.
“Le immagini sono il nutrimento dell’anima” e “immaginare è seminare, depositare
nel regno dell’inconscio (…) le sostanze che creano il nostro essere più profondo” -
afferma Morelli. Le immagini si creano o si costruiscono nella nostra mente, sede dei
processi speculativi ma anche della memoria, base della conoscenza, la quale “non
dimentica” di essere stata fecondata in antico, già sacra a Zeus e ad Atena, per
procedere consapevolmente attraverso la storia di millenni.
Non potrebbe esistere rappresentazione fantastica senza memoria, a qualsiasi livello
delle età evolutive, per cui possiamo affermare con le parole di Hillman: “L’uomo è
creato come immagine, in un’immagine e per mezzo delle sue immagini. Perciò si
manifesta innanzitutto all’immaginazione, sicchè la percezione della personalità è
anzitutto un atto immaginativo (…). I metodi psicologici moderni, che analizzano le
immagini e l’immaginazione sotto il profilo delle sensazioni o dei sentimenti, partono
dall’estremità sbagliata. Poiché è l’immaginazione che ci plasma nella forma delle
nostre immagini, al fine di percepire l’essenza di una persona dobbiamo sondare la
sua immaginazione e vedere quale fantasia stia creando la sua realtà”.
Tutelare la sacra memoria dell’albero dell’ulivo e delle sue inestimabili virtù significa
quindi rispettare profondamente la nostra umanità, condivisa ed individuale, la nostra
cultura, che è anche patrimonio dell’anima.
Scrive Raffaele Morelli in La saggezza dell’anima: “Immaginare è seminare
nell’anima e poi aspettare.” Recentemente, in una trasmissione radiofonica del 27
Gennaio 2015, con queste parole sottolinea l’importanza culturale e “terapeutica”
dell’albero dell’ulivo: “La pianta dell’Ulivo è la pianta sacra ad Atena, alla mente.
E’ l’olio, è la luce!“. Ci piace pensare, anche secondo il monito omerico, che l’uomo
possa continuare ad avere cura e rispetto, come agli albori della civiltà mediterranea,
di quell’intelligenza creatrice e divina che, come trasfusa nell’immagine e nella
sostanza dell’albero dell’ulivo, consentirà a ciascuno di fiorire e rifiorire, di maturare
come frutto e di scoprire di giorno in giorno di essere noi inesauribile fonte di identità
e di speranza.

Alessandra Chiusaroli

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