Come tutti gli ingredienti che la natura generosamente ci dona, anche l’olio non è una sostanza pura bensì una “miscela” di sostanze.
Le molecole contenute nell’olio d’oliva sono molte e diverse, raggruppabili in due grandi famiglie: la frazione saponificabile e quella insaponificabile.
Senza addentrarmi eccessivamente in spiegazioni chimico-cosmetologiche, cercherò di semplificare: diciamo che la frazione saponificabile (che nell’olio è prevalente) è quella formata dai trigliceridi (con piccolissime quote di mono- e di- gliceridi e di acidi grassi liberi), sostanze che si possono appunto saponificare.
L’altra, la cosiddetta frazione insaponificabile, è più piccola e molto più variegata poiché racchiude tutta una serie di sostanze, anche molto diverse tra loro, dalle proprietà interessanti, e che appunto non è possibile saponificare.
Tale classificazione è stata data dai chimici solo allo scopo di distinguere facilmente i trigliceridi e simili da tutte le altre sostanze (idrocarburi, steroli, vitamine, polifenoli, ecc..) molto diverse tra loro e accomunate solo dall’essere chimicamente non saponificabili.

 

La frazione saponificabile: il trigliceride oleico

I trigliceridi, che fanno parte della prima e che come dicevamo rappresentano la quota più abbondante di sostanze presenti nell’olio d’oliva, si chiamano così perché hanno una struttura in cui tre molecole di acidi grassi sono legate insieme da una molecola di glicerolo.
Il tipo e la distribuzione degli acidi grassi(1) giocano un ruolo essenziale poiché, oltre a differenziare un olio dall’altro, ne determinano la qualità, le caratteristiche nutrizionali, l’ “età” dell’olio, la resistenza all’irrancidimento, le proprietà cosmetiche e molto altro ancora.
Tra gli acidi grassi, quello presente in maggiore quantità è l’acido oleico (che in un olio di buona qualità deve essere superiore al 73%) la cui presenza abbondante rappresenta, a mio avviso, il motivo del perfetto equilibrio tra stabilità e proprietà salutistiche tipiche dell’olio d’oliva.
L’acido oleico è infatti un acido grasso mono-insaturo, ossia nella sua molecola è presente una sola insaturazione: questa caratteristica lo eleva dal punto di vista nutrizionale rispetto agli acidi grassi saturi, contenuti invece in altri olii vegetali (es. cocco, palma) e negli olii idrogenati.
Per semplificare possiamo dire che un olio insaturo è più benefico per la salute, ma al contempo è più facile che si ossidi (proprio per la presenza dell’insaturazione) perdendo in parte le sue proprietà salutistiche.
Ecco perchè la presenza di una sola insaturazione mantiene l’olio d’oliva più stabile all’irrancidimento rispetto ad altri olii vegetali più ricchi di acidi grassi di- e tri-insaturi, e gli conferisce un punto di fumo più alto (maggiore resistenza al calore).
Nella composizione degli acidi grassi, all’acido oleico si affianca una certa quota di altri acidi grassi insaturi come l’acido linoleico (due insaturazioni), linolenico (tre insaturazioni), anch’essi importanti a livello nutrizionale ed epidermico, e una quota minima di acidi grassi saturi (palmitico e stearico).
La presenza in alta quantità del trigliceride oleico rende l’olio d’oliva perfetto non solo come olio alimentare, ma anche come ingrediente cosmetico.
Grazie ad esso, infatti, l’olio d’oliva è utilizzato come agente protettivo cutaneo e come ingrediente di preparazioni cosmetiche di alto livello, in particolare di quelle studiate per il corpo, poiché combina l’azione emolliente (ammorbidisce la pelle), a quella nutriente (va a reintegrare il sebo cutaneo), anti-disidratazione (impedisce la perdita di acqua dalla cute), a quella protettiva (tiene uniti i corneociti e rende la cute più resistente), a quella antiossidante.
Quest’ultima importante azione è dovuta anche alla presenza dei di- e tri- insaturi e anche di altre sostanze (gli insaponificabili), di cui parleremo in seguito.

 

Diana Malcangi, Chimico Cosmetologa

www.studio-cosmetici.it

Note:

(1)    Quando parliamo di acidi grassi li intendiamo quasi sempre come “legati” sotto forma di trigliceride, e non acidi grassi liberi, poiché questi ultimi sono frutto della degradazione degli olii stessi da parte di enzimi e responsabili dell’innalzamento del livello di acidità.

 

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