In Italia si perdono 100 ha al giorno di terreno agricolo, sacrificati all’edilizia. Terreno importante ma che ad oggi non viene valutato redditizio se non è edificato.

I dati che ci arrivano dal Mpaaf ci raccontano di un’Italia che ha cementificato le sua aree più fertili, la pianura padana ha una percentuale di cemento del 16,4% contro una media nazionale del 6,72%. In questo siamo tra i primi in Europa, abbiamo costruito più della Germania, della Francia del Regno Unito e così via.
La perdita di terreno agricolo è il risultato di una scarsa regolamentazione urbanistica, di una grande discrepanza tra redditività dei terreni edificabili rispetto quelli agricoli, di politiche che hanno sempre attribuito poca importanza all’ambiente ed alla preservazione del territorio. 

 

Un’inversione di tendenza sembra tracciata dal nuovo Ddl “salva suolo” che segna una ritrovata attenzione verso l’agricoltura e la preservazione del terreno agricolo, tema assolutamente centrale per l’uscita dalla crisi economica.
La cementificazione del nostro territorio ha diversi risvolti allarmanti, il primo è che ha portato l’Italia ad una dipendenza alimentare dall’estero pari a 49 mln di ettari, ossia il nostro Paese avrebbe bisogno di 61 mln di ettari per soddisfare la richiesta interna contro i reali 12 mln di ettari attuali di Superficie Agricola Utilizzata (dati SERI).
Ma abbiamo anche un triste e macabro ritorno che segna ormai le cronache degli ultimi anni. Alluvioni, inondazioni, fiumi che tracimano rappresentano il conto di 50 anni di edilizia selvaggia. E non si tratta solo dell’abusivismo edilizio e dei successivi condoni, ma di una volontà politica di premiare l’industria edile e di non puntare sull’agricoltura e sulla tutela del territorio come risorsa per la crescita del nostro Paese.
L’alluvione del 12 novembre che ha duramente colpito la Toscana ed in particolar modo la Maremma ha azzerato i grandi sforzi che stavano portando questa zona a ritagliarsi uno spazio all’interno dell’economia agricola e turistica nazionale.
Interi paesi sono ancora sott’acqua così come i danni che, man a mano che le acque si ritirano emergono.
300 mln di euro sono i primi danni che si contano di cui 70 Mln legati all’agricoltura, campi appena seminati a cereali sono andati perduti, o perché trasformati in risaie nelle zone della pianura o perché franati ed erosi dalla forte pioggia nelle colline dell’interno. Frutteti e vigneti immersi nell’acqua, nei comuni di Albinia, Orbetello (dove è andata persa l’itticoltura), Magliano, Capalbio, Manciano. Più di 200 Mln di euro i danni strutturali a strade, mezzi agricoli, annessi. Grande è stato anche il danno per gli olivicoltori che hanno dovuto bruscamente fermare la raccolta ancora in corso. Le olive sono state buttare a terra dei venti e dalla pioggia segnando così uno stop anticipato a stagione olivicola. Un’area in ginocchio, investimenti perduti, mancate vendite e tanti soldi per ripartire, uno spreco che non possiamo permetterci!
La corsa alla sviluppo e alla crescita puntando sempre e solo sull’industria è arrivata al capolinea, adesso ci servono risorse per risollevarci e una nuova visione politica ed economica per puntare sui veri punti di forza dell’Italia.

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